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BURNE JONES

«Io aspiro ad un quadro come un bellissimo, romantico sogno, di qualcosa che mai è stato e mai

sarà - in una luce migliore di qualsiasi altra luce mai mostrata - in una terra che nessuno può

definire, o ricordare, solo desiderare.»

Le parole pronunciate da uno dei maestri inglesi del diciannovesimo secolo, dal quale Tesio prese ispirazione per il nome di quel puledro nato da Bonny Bay, fattrice importata dal Mago di Dormello nel 1910 e figlia di St. Frusquin, laureato di 2000 ghinee inglesi e padre influente di fattrici. Le corrispettive ghinee italiane vinte dal nipote, il Premio Parioli, nel 1918, furono il trampolino

di lancio per una carriera che lo avrebbe consacrato come il primo prodotto completo di Tesio.

Dopo il giovanile Bimbi, il St. Leger, due volte il Gran premio di Milano e il premio del Commercio

gli assoli di una carriera maiuscola.

Mancò di un niente il Derby venendo battuto di un soffio da Carlone e Polifemo Orsini. Come l'artista da cui prende il nome non venne ricordato, come suoi compagni illustri, per qualcosa di eclatante, ma per una costanza ed eccellenza in ciò che conosceva, dietro le quinte di un palcoscenico calcato da primattore senza la smania di dover continuamente dimostrare qualcosa, ma concedendo il proprio talento già nel momento d'essere e di palesarlo.

Figlio di John O'Gaunt, piazzato classico, dai natali illustri, Isinglass (vincitore di Triplice Corona

inglese) e La Fleche, in un pedigree che fa della stamina la base di partenza e del coraggio delle

gesta sia in pista sia in razza. Una pennellata lunga un ventennio dai natali nel 1915 agli anni

quaranta in nome di una straordinaria normalità che risuona come un eco perpetuo. Un quadro firmato Burne Jones. Luca Zavatteri



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